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Fino alla fine del XIX secolo le costruzioni murarie utilizzavano un materiale dotato di scarsa resistenza alla trazione, con problemi insormontabili nella realizzazione di configurazioni equilibrate anche quando sufficientemente resistenti. Queste difficoltà si riducevano o erano inesistenti nelle costruzioni in ferro, dove i problemi di equilibrio venivano superati dalla resistenza, leggerezza e abbondanza di legami. Il ferro però andava incontro ad altri problemi di resistenza, dovuti proprio alle parti (distinte da quelle funzionali) a cui è affidata la funzione legante: in definitiva un ponte in ferro resiste fin quando restano integri e funzionali i giunti, i bulloni e le saldature che ne tengono unite le parti. Tuttavia, l'utilizzo del ferro nelle costruzioni diede impulso allo sviluppo della meccanica dei solidi, delle teorie dell'elasticità e della plasticità. Il costo elevato e la necessità di utilizzare tecniche esecutive complesse limitava però l'utilizzo del ferro, e poi dell'acciaio, alle grandi costruzioni civili: ponti, coperture a luce imponente, edifici alti, mentre l'edilizia comune continuò ad impiegare la muratura fino all'introduzione del cemento armato.
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Con il diffondersi del cemento armato la muratura è stata sempre più soppiantata da questo anche nell'edilizia minuta. Il suo campo di applicazione si è via via allargato sia a scapito dell'acciaio nelle grandi opere, che della muratura in quelle comuni. Questo è successo perché il cemento armato riunisce in un corpo unico i pregi della muratura e quelli del ferro: i costi contenuti della prima e la semplicità della tecnica costruttiva unita alla scarsa reattività a molti agenti esterni del secondo. Oltre a non essere aggredibile dal fuoco e ad avere caratteristiche anticorrosive, il ferro ha la capacità di resistere alle sollecitazioni di trazione, proprietà che lo privilegia nella realizzazione di elementi come travi e sbalzi impossibili in muratura. Le prime forme di impiego in edilizia del ferro si hanno intorno al 1780 con l'inserimento di colonne di ghisa al posto dei ritti in legno per la realizzazione delle campate a luce imponente. All'inizio dell'800 lo sviluppo della siderurgia portò grandi innovazioni e la possibilità di produrre materiali sempre più affinati fino ad arrivare all'acciaio, dove la percentuale di carbonio rispetto alla ghisa è estremamente ridotta.
Il cemento armato realizza l'incontro del calcestruzzo con l'acciaio. L'acciaio viene impiegato in percentuale modesta sotto forma di tondini, ovvero barre di sezione circolare di piccolo diametro(più o meno 30 mm), inserite nelle zone più soggette a trazione, seguendo l'andamento delle linee isostatiche. Le barre vengono poste longitudinalmente, in prossimità della superficie, e vengono organizzate da una armatura trasversale, formata da barre sagomate (staffe) in modo da essere inserite nel perimetro esterno della sezione, e da racchiudere al loro interno le barre longitudinali. Le staffe, abbastanza fitte e conformate, ostacolano l'eventuale deformazione del calcestruzzo, agevolando la prevalenza di tensioni di coazione con aumento della resistenza allo schiacciamento e della duttilità del calcestruzzo. Poiché il cemento ha solo la funzione di legante, mentre l'impasto strutturante e quantitativamente dominante è costituito dal calcestruzzo sarebbe più corretto parlare di calcestruzzo armato, così come succede nelle lingue straniere (reinforced concrete, béton armè e così via) ma in Italia la normativa del '71 ha istituzionalizzato la dicitura "conglomerato cementizio armato".
La solidità delle strutture in cemento armato dipende dalla effettiva possibilità che i materiali costituenti, calcestruzzo e acciaio, siano realmente solidali e cioè che subiscano le stesse deformazioni. Questo è possibile grazie all'aderenza, fenomeno attraverso cui si trasmettono le sollecitazioni tra i due materiali. Le barre di acciaio impiegate nel cemento armato sono di sezione circolare per aumentare tale aderenza con il calcestruzzo. L'acciaio dà risultati migliori quando viene prodotto in barre, chiamate "ad aderenza migliorata", sulla cui superficie vengono realizzati dei risalti.
Inoltre l'acciaio utilizzato può essere ordinario o ad alta resistenza, quest'ultimo utilizzato nel cemento armato precompresso. La grandezza più importante che definisce la resistenza dell'acciaio è la tensione di snervamento, valore che negli acciai di migliore qualità non è sempre calcolabile se non per approssimazione e viene fissato allo 0,2%, con riferimento al valore convenzionale della deformazione residua, che è la deformazione irreversibilmente acquisita dopo il ritorno elastico che segue ad un carico di deformazione in sede di test, calcoli e provini.Altre proprietà meccaniche a carico del calcestruzzo come il ritiro o la deformazione viscosa possono annullarne lo stato di coazione con l'acciaio se i valori non sono adeguati. Il miglioramento delle tecnologie ha consentito con l'introduzione del cemento precompresso di prevenire le fessurazioni e proteggere l'armatura, ma questo è potuto avvenire solo grazie a calcestruzzi ad alta resistenza e acciai con elevato limite elastico e bassa sensibilità al rilassamento. L'utilizzo nella pratica di materiali strutturali quali il cemento armato non può essere quindi affidato al caso, ma è soggetto a rigorosi calcoli che tengono conto dei carichi, della disposizione delle forze ( momento flettente-momento torcente) ma anche delle proprietà dei materiali, sia singolarmente che in associazione. In Italia l'utilizzo di questo materiale in edilizia civile richiede una progettazione preventiva ed è assoggettato ad una legge del 1939(R.D.L. n. 2229/39 e successive modifiche)che prevede in fase di costruzione la stretta osservazione del progetto ingegneristico che riporta i calcoli per il corretto impiego del cemento armato e i relativi controlli.
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