Le lampadine più classiche sono quelle ad incandescenza, spesso ancora presenti in molte lampade e lampadari di tutto il mondo. Si tratta di bulbi di vetro al cui interno si trova un minuscolo filamento metallico, generalmente in tungsteno, attraverso cui viene fatta passare la corrente. Il calore emesso dal filamento produce anche una chiara luce ben visibile, permettendo l'utilizzo diffuso della lampadina. A partire dal giorno della sua invenzione sono molti gli scienziati che hanno lavorato nell'intento di modificare la lampadina. Prima di tutto per una questione economica: questi dispositivi consumano una eccessiva quantità di energia elettrica. Inoltre, il riscaldamento del filamento interno è il motivo principale che ne riduce la durata, costringendo gli utilizzatori a sostituire periodicamente le lampadine "bruciate", in cui il filamento si rompe. Nuove tipologie di lampadina hanno oggi soppiantato quasi totalmente i modelli a incandescenza, la cui produzione è stata bandita nel 2012 dalla comunità Europea.
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Sono molto diffuse nell'uso quotidiano le lampade a fluorescenza, meglio conosciute anche come lampade a basso consumo. L'invenzione di queste lampade è da attribuire a diversi scienziati, che hanno operato in questo campo producendo le prime lampadine a fluorescenza già verso la fine dell'800. Un esempio diffuso anche in passato di questo tipo di lampade è la lampada a neon lineare: un tubo viene verniciato con materiale fluorescente, quindi riempito con un gas nobile (neon o altro) e con una minima quantità di mercurio. Attraverso degli elettrodi o un comando elettronico si immette corrente nel gas, che emette luce ultravioletta, le cui radiazioni causano la produzione di luce visibile da parte del materiale fluorescente sulle pareti del tubo. Per poter far funzionare queste lampade è necessario inserire nell'attacco un dispositivo che controlla l'immissione di corrente all'interno del tubo. Sono disponibili oggi anche lampade a fluorescenza compatte, con il tubo non lineare, che si svolge in forme originali e particolari.
Le lampadine a basso consumo hanno vissuto un periodo di grande successo, che continua anche oggi. Presentano alcune peculiarità interessanti, tra cui, ovviamente, un consumo di energia elettrica molto inferiore rispetto a quello delle comuni lampadine ad incandescenza. I modelli più nuovi hanno anche una durata molto prolungata e un'accensione rapida. Quelli più antiquati invece tendono a produrre più luce con il passare del tempo, per accendersi perfettamente solo dopo alcuni minuti, cosa decisamente poco pratica in alcune situazioni. La problematica principale delle lampadine a basso consumo è l'elevato inquinamento procurato dalle sostanze utilizzate per produrle: il mercurio e i gas nobili all'interno del tubo fluorescente devono essere smaltiti con accortezza ed è di fondamentale importanza evitare di rompere il tubo, esponendo le sostanze al suo interno all'aria. Quando una lampada di questo tipo smette di funzionare è opportuno conferirla all'isola ecologia più vicina, in modo che sia smaltita in maniera corretta. Alcuni produttori e rivenditori consentono ai loro clienti di consegnare una lampada a fluorescenza esausta per ogni pezzo acquistato.
Le lampadine a LED sono state inventate negli anni '60, nonostante questo l'utilizzo più ampio si sta avverando solo negli ultimi anni. Inizialmente erano disponibili in diverse colorazioni, oggi si possono avere lampadine a LED anche di colore bianco, in diverse tonalità e sfumature. L'acronimo LED significa, in italiano, diodo a emissione luminosa; i primi diodi prodotti erano a luce rossa e sono quelli che si possono vedere nei telecomandi di alcuni dispositivi, o nei display di dispositivi elettronici. La variazione di colore dipende dal materiale di cui è fatto il diodo (un semiconduttore) e dalla tensione della corrente elettrica utilizzata per l'alimentazione; grazie alle nuove tecnologie si possono oggi preparare luci a LED del colore desiderato, da inserire in qualsiasi tipo di lampada o illuminazione. Queste lampadine hanno vari vantaggi: consumano pochissimo, il colore della luce può essere modulato facilmente, hanno una lunga vita. Inoltre lo smaltimento dei LED è semplice, anche perché si tratta di dispositivi di dimensioni minime.
Le lampadine sono dispositivi che possono durare mesi o anni ma, una volta che smettono di funzionare, vanno smaltite in modo corretto. Le vecchie lampadine a incandescenza contengono al loro interno qualche parte in metallo, in quantità minime, mentre essenzialmente sono costituite da vetro, che si può tranquillamente fondere per dare vita ad altri prodotti dello stesso materiale. Le lampadine a neon o a fluorescenza contengono invece ampie quantità di sostanze altamente tossiche, soprattutto il mercurio, che non deve essere in alcun modo esposto all'aria, in quanto si diffonde molto rapidamente. Le lampadine a LED sono invece così piccole che lo smaltimento non è un problema. Per recuperare però i semiconduttori che ne costituiscono la parte principale, anche se in dosi minime, conviene separarle dal resto dei rifiuti domestici. Nelle città in cui è attiva la raccolta differenziata conviene verificare dove poter buttare le lampadine di diverse tipologie, oppure conferirle direttamente all'isola ecologica, in modo che siano trattate in totale sicurezza.
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